E se tutto fosse davvero cominciato con il suono?
Non è poi così improbabile la “teoria” del suono che cura. Gli studi e le ricerche sull’effetto dei suoni sugli organismi viventi producono sempre maggiori certezze.
Quando ero piccola, mi esercitavo al pianoforte, soprattutto con le scale. L’immagine delle pagine del mio vecchio “Hanon”, il libro degli esercizi, è ancora perfettamente nitida nella mia memoria. Il pianoforte era nel soggiorno di casa, circondato da piante di varia grandezza e natura, amorevolmente accudite da mia madre. Una di queste, quella più prossima alla cassa armonica del mio “Singhai”, amava particolarmente le scale armoniche e, ogni volta che mi esercitavo con queste, la vedevo letteralmente fremere e la sentivo emettere suoni lievi ma perfettamente udibili, come fosse percorsa da brividi. Era la pianta più rigogliosa di tutte, nonostante fosse posizionata in modo da ricevere meno luce naturale.
Ecco perché quando sento parlare di “suono che cura”, non mi meraviglio né storco il naso. Io lo so. Non ho bisogno di prove.
Il “suono che cura” è un tema ricorrente in diverse tradizioni sparse in tutto il mondo e in molte culture antiche, vi è la credenza che l’intero universo sia stato originato in illo tempore da un unico suono. In queste tradizioni, gli sciamani, i guaritori, i saggi, conoscevano (e conoscono) il modo di amalgamare il suono, le immagini e la realtà, anche per scopi curativi o di vera e propria guarigione cellulare.
In alcuni popoli amazzonici, per esempio, gli sciamani ricavano dal suono immagini tridimensionali proprio allo scopo di curare.
Senza contare che in tempi antichi, il suono è stato considerato così fondamentale per l’uomo che alcune scale di note, il temuto solfeggio degli studenti di musica, sono state tramandate in gran segreto per centinaia di anni.
Come i musicisti ben sanno, la scala di sette note è soprannominata anche “scala della creazione”. Nella tradizione musicale indiana, si chiama saptak, ossia “sette passi”. In questo modello, per esempio, ogni nota è correlata a uno dei chakra principali (che sono sette).
Della correlata “legge del 7”, nota anche come “legge dell’ottava”, ci occuperemo in separata sede.
Mentre sugli effetti (reali o presunti) di queste frequenze e sulle ricerche relative al suono e alla sua ricaduta sugli organismi viventi, è pieno il web e molti sono gli studiosi che conducono ricerche non solo sull’effetto delle singole note, naturalmente, ma anche sulla loro combinazione armonica.
Ma le informazioni e gli studi più approfonditi, in merito alla questione delle note e delle frequenze che generano effetti sugli organismi viventi, sono così numerosi che ci si potrebbero perdere anni di studio, ricerca e pratica.
Tra i numerosi ricercatori in tutto il mondo, alcuni sono convinti che il suono sia alla base dell’evoluzione dell’organismo umano (vedi Alfred Tomatis, controverso otorinolaringoiatra francese). Alcuni scienziati sono addirittura andati oltre e affermano che il suono non si limita a produrre effetti sull’organismo a livello superficiale ma opera direttamente sul DNA, stimolandolo al punto di metterlo nella condizione di creare segnali d’informazione che si diffondono in tutto il corpo. Molti sono convinti che la funzione primaria del DNA non sia quella di sintetizzare le proteine ma piuttosto di emettere segnali bio-acustici e bio-elettrici.
Alcune ricerche, quindi, come abbiamo accennato, evidenziano l’emissione di biofotoni da parte del DNA, mentre altre suggeriscono che il suono dia origine alla luce. Sebbene effettuate in luoghi e tempi diversi, da persone diverse e che non si conoscono, sembra che queste ricerche confluiscano su un terreno specifico: il suono genera luce, che a sua volta è in grado di modificare un organismo nelle sue funzioni più recondite.
Un team di ricercatori diretti dal fisico Richard Miller ha pubblicato l’esito di una ricerca dal titolo “A Holographic Concept of reality”, in cui si vuole dimostrare che all’interno delle cellule, onde coerenti sovrapposte interagiscono e formano strutture, prima attraverso il suono e poi per mezzo della luce.
Questa idea si incastra perfettamente con quella scaturita dalla ricerca di due scienziati russi, Peter Garaiev e Vladimir Poponin, i quali hanno dimostrato che i cromosomi agiscono come biocomputer olografici, sfruttando la radiazione elettromagnetica propria del DNA per generare e interpretare onde a spirale -di suono e di luce- che corrono su e giù lungo la struttura del DNA stesso. Garaiev e il suo gruppo si sono serviti di frequenze del linguaggio, ossia di parole (che sono suono) per riparare cromosomi danneggiati dai raggi X. La conclusione a cui sono giunti è che la vita si basa sull’elettromagnetismo più che sulla chimica e che il DNA può essere attivato tramite espressioni linguistiche -ossia suoni- esattamente come un’antenna. A sua volta, questa attivazione modifica i campi bioenergetici umani, che trasmettono onde radio e onde luce alle strutture dell’organismo.
Sono questioni apparentemente complesse, perché per secoli si è trattato di studi e conoscenze segrete, inavvicinabili dalla maggior parte della popolazione e riservate a pochi eletti. Anche nel momento in cui qualcuno, chissà quando e chissà dove, è venuto a conoscenza di queste dinamiche connaturate a tutti gli organismi viventi, si è guardato bene dal condividere la scoperta con l’umanità e, quel poco che è trapelato o è stato reso pubblico, è stato rimaneggiato a tal punto da farlo sembrare quanto meno di difficile comprensione e di ancor più complessa attuazione.
D’altro canto, che quella del DNA sia una questione intorno alla quale gli scienziati non hanno ancora fatto piena luce (tanto per restare in tema), è chiaro a chiunque.
Che gli organismi viventi siano influenzati dal suono e dalla luce, è altrettanto evidente. Banalmente, proviamo a pensare di vivere solo al buio o solo alla luce per un anno intero o di essere sottoposti ogni notte al rumore di un martello pneumatico, anche solo per una settimana. Le conseguenze sono più o meno individuabili, senza grossi sforzi, da chiunque.
Se il suono è principio e dunque sorgente di ogni cosa, è forse anche lo strumento per mezzo del quale evolvere, procedere oltre nell’esperienza della vita in questa forma e, di conseguenza, del passaggio trasfigurante che conduce oltre questa forma e per mezzo di quella soglia che conosciamo come morte?
Ma qui si entra in una selva oscura della mente, in quei territori spaventosi che sono dimora di paure ataviche e di scaramantiche memorie. Quelle stesse che spesso ci relegano nel conosciuto, nell’ambito di quelle certezze e credenze che sono gioia e tormento, conquista e impedimento al tempo stesso.
In fondo, una certezza è tale finché non giunge qualcosa a renderla un semplice concetto superato.