Qualsiasi essere vivente (umano, animale o… vegetale) ha sperimentato, secondo la propria natura, la paura. Dal semplice “spavento”, al terrore, al vero e proprio attacco di panico Gli effetti sono altrettanto noti: accelerazione della frequenza cardiaca, sudore, grande disagio e via fino alla perdita di controllo sul sistema urinario e sugli intestini (non così frequente ma molto meno raro di quanto si possa immaginare).
La paura è qualcosa che coinvolge l’intera struttura della macchina umana: la mente genera emozioni che a loro volta generano alterazioni fisiche o anche viceversa. È un’emozione che può prendere il via a qualunque livello, anche quello fisico; un dolore intenso in una qualunque parte del corpo può scatenare una reazione a catena che porta dritta all’attacco di panico vero e proprio. Allo stesso modo, uno spavento improvviso può portare anche a gravi conseguenze fisiche, se particolarmente intenso.
Sia le modalità per mezzo delle quali si presenta, che i meccanismi d’azione della paura sono piuttosto chiari, anche se molto spesso, al momento del bisogno, si finisce per non riuscire a individuarli a causa dell’effetto sui processi mentali.
L’interazione principale avviene nel passaggio tra percezione sensoria ed elaborazione mentale della stessa: qualcosa che vediamo, udiamo, tocchiamo o persino odoriamo va a stimolare nella memoria un’immagine legata a una sensazione di pericolo. Può trattarsi di un ricordo reale o anche solo qualcosa di cui abbiamo sentito parlare o che ci è stato spiegato anche in tenerissima età. Quello che accade è che lo stimolo sensorio viene associato dalla mente, a torto o a ragione, a qualcosa di pericoloso.
È la mente che, a questo punto, innesca una serie di reazioni fisiche ed emotive che portano alla sperimentazione del quadro cosiddetto di paura.
Le ragioni per cui avviene questo processo hanno radici solide e molto pratiche: senza questo meccanismo saremmo del tutto inermi di fronte al pericolo; l’uomo è l’animale meno dotato dal punto di vista fisico di tutto il regno omonimo: per questo ha bisogno di poter giocare d’anticipo nei confronti di eventuali pericoli (siamo i più lenti a reagire e le nostre reazioni sono a loro volta quelle più deboli se paragonate, ad esempio, a quelle di un qualunque felino o di un altro predatore).
Il meccanismo di difesa del quale siamo dotati non è rimasto confinato nella parte più istintuale del nostro cervello ma è andato ad interagire progressivamente con strati sempre più “razionali” della nostra struttura, generando così una commistione del tutto errata. Da qui nascono le paure che oggi affliggono molti esseri umani, spesso in forma di preoccupazione o di fobie.
La nostra mente vive nel futuro, ovvero nella costante anticipazione di ciò che potrebbe accadere a breve, medio, e persino lunghissimo termine. Questo processo di previsione, se controllato, permette, come abbiamo visto, di prevedere e prevenire, in certa misura, gli accidenti del futuro o anche di creare progetti che poi verranon portati a termine, in forma più o meno analoga alla nostra previsione.
Quando però la memoria che, al contrario della mente, vive solo ed esclusivamente nel passato si mette ad interagire con quest’ultima senza controllo, nel nostro cervello accade che l’unico momento realmente importante (vale a dire l’unico che esiste, ovvero il presente), è anche l’unico a non essere degnato della benché minima attenzione.
Il risultato è che la vita che viviamo è quasi sempre un costrutto, idealmente collocato in un lontano passato o in un ipotetico futuro; un quadro destabilizzante per chiunque, che costituisce terreno fertile per l’insorgere di problemi e disturbi i più disparati ma, come abbiamo visto, ben noti agli studiosi della psiche umana.
In pratica
Quando ci accorgiamo che i nostri pensieri prendono quel particolare “sentiero accidentato”, in cui le immaginazioni cominciano a convergere su un unico argomento spiacevole, significa che dobbiamo riprendere in mano le redini delle nostre emozioni. A volte è sufficiente un sonoro “Basta!” detto a voce alta, con la ferma intenzione di allontanare le emozioni “malate” di questo tipo per ottenere un ottimo risultato. Altre volte, è consigliabile sospendendere per qualche minuto l’attività in cui siamo impegnati e concentrarci sulla cosa più prossima a noi: il respiro.